MILANO – Triplicare la raccolta di sangue placentare in Italia, le cui cellule staminali possono salvare tanti bambini da talassemia e leucemia. Lo ha sostenuto Paolo Rebulla (Centro di Medicina Trasfusionale, Ospedale Maggiore Policlinico di Milano), a un convegno dell’ Universita’ di Milano-Bicocca sulle applicazioni terapeutiche delle cellule staminali adulte, in vista dell’ assegnazione del Premio Sapio per la Ricerca Italiana 2008. ”Lo possiamo fare – dice Rebulla – perche’ le raccolte di sangue dal cordone ombelicale sono 20 mila e da noi nascono 500mila bambini l’anno”. Triplicare i prelievi significa poter avere unita’ di sangue piu’ grosse e quindi maggiormente utilizzabili. ”Questo puo’ dare – afferma – ai pazienti di razza caucasica il 90[%] delle possibilita’ di avere un donatore compatibile e a quelli di altre etnie il 50-60[%]”. Inoltre, le 17 banche del sangue placentare italiane, che producono 634 unita’ l’anno (il 36[%] trapiantate in Italia, il 29[%] in Europa, il 26[%] negli Usa), potrebbero esportarne una quantita’ maggiore, e col ricavato coprire tutte le spese. Quattro le novita’ maggiori nella terapia, secondo Franco Locatelli (Policlinico S.Matteo di Pavia): l’iniezione intraossea e non piu’ endovenosa delle cellule staminali, per ottimizzare l’attecchimento dei trapianti; la possibilita’ di espandere molto il numero delle staminali che si ricavano; la coinfusione di cellule staminali mesenchimali, che sono un altro tipo di cellule staminali adulte, cosa che favorirebbe l’attecchimento; la possibilita’, infine, di coinfondere nei soggetti adulti due differenti unita’ di staminali cordonali, sempre per avere una maggiore probabilita’ di attecchimento. ”I risultati, nei bambini – conclude Locatelli – sono particolarmente buoni: col sangue placentare oggi si salva il 97[%] dei bambini affetti da talassemia se il sangue viene da un familiare compatibile. Nei pazienti con leucemie acute i risultati sono un po’ meno buoni perche’ c’e’ il rischio che la malattia si ripresenti, ma sono comunque sovrapponibili, se non migliori, rispetto al trapianto di midollo”.
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