“Ale piangeva, voleva tornare a casa”. Cosi diventai pediatra ambulante.

GENOVA – E? un dottore ma non porta mai il camice. La sua corsia ? lunga più di 40 chilometri, segue 13-15 malati, una sua visita pu? durare mezz?ora o quattro ore, in estate, con i pazienti guariti, vola negli Stati Uniti in un campo ricreativo-sportivo ?inventato? da Paul Newman. Luca Manfredini, 40 anni, ? pediatra oncologo del Gaslini di Genova. La corsia dove lavora ? lunga 40 chilometri perché ? un medico ?in trasferta? quotidiana, perché segue i bambini e i ragazzi a domicilio. Una sorta di prolungamento dell?ospedale per evitare a giovani e giovanissimi lunghi ricoveri. Ogni giorno un ?viaggio? nelle case dei pazienti insieme ad un infermiere per fare visite, prelievi, trasfusioni, endovenose, nutrizione parenterale, idratazione, chemioterapia, terapia del dolore. Insomma, tutto quello che si fa in ospedale ma che, per volont? di menti caparbie, si ? riuscito a fare anche a casa. Dove i bambini giocano, guardano la tv, dormono nel loro letto e dove le mamme vivono in modo meno penoso il loro dolore e la loro fatica. Manfredini ? il primo pediatra ad essere stato assunto con un contratto di medico destinato all?assistenza domiciliare. Un?estensione del ricovero, un appoggio per le famiglie anche la notte e i giorni festivi. Una conquista, dice Manfredini. Chi l?ha convinto a lottare per portare i bambini tagliati dal tumore prima possibile fuori dall?ospedale ? stato Alessandro, 12 anni. Era il ?98, un giorno, durante il suo soggiorno al Gaslini, decise di fare lo sciopero della fame. Voleva tornare a casa. ?Aveva la leucemia Ale ed era ricoverato nel reparto malattie infettive in quel periodo. Improvvisamente smise di mangiare, mi ripeteva che non voleva più stare l?, che quelle cure poteva farle anche nella sua stanza. Era deciso e determinato. Allora lavoravo in corsia, mi sedetti vicino a lui e cercai di convincerlo. Nulla. Potevo decidere di alimentarlo in un altro modo ma mi fermai e chiesi di provare ad accettare la sua sfida. S?, proviamoci, dicemmo con i colleghi. Alessandro fu portato a casa, l? continuammo la terapia antibiotica e le trasfusioni. Lui sorrise, ricominci? a mangiare. Ricominci? la vita quasi normale, gioc? a pallone, mezzo tempo, anche due giorni prima di morire?. Alessandro era stato un esempio, perché non provare con gli altri? E così ? stata la volta di Alfredo, un bimbo di 5 anni della Campania. Malato di leucemia, trapianto del midollo. Stava male, proprio il midollo rigettava il corpo del bambino. Difficolt? nella digestione, diarrea, malessere diffuso, nutrizione ?con i tubi?, terapia immunosoppressiva. Alfredo viene fatto uscire dall?ospedale ma resta a Genova. E? alloggiato in uno dei piccoli appartamenti messi gratuitamente a disposizione dall?Abeo, una onlus di genitori di bambini colpiti da tumore. ?Dopo queste esperienze ho deciso di affrontare la sfida. Di battermi per organizzare l?assistenza domiciliare con un altro collega e tre infermieri?. Nasce l?ospedale ambulante, con tutte le difficolt? che si porta dietro. Luca Manfredini dal ?98 fino al 31 dicembre 2006 lavora con un contratto annuale o biennale. ?Con quel contratto non potevo neppure avere un mutuo. Per fortuna mia moglie Laura, pediatra come me, era assunta a tempo indeterminato e l?aiuto per una casa l?hanno dato a lei. Una casa per noi due e le nostre bambine adottate, Chiara di sei anni e Silvia di tre e mezzo. Fino a poco più di un anno fa non potevo fare progetti n? investimenti lavorativi. Magari, mi dicevo, un bel giorno viene deciso che quello che sto facendo non pu? andare avanti e mi mandano al pronto soccorso. Ora, invece, posso iscrivermi tranquillamente alla specializzazione in anestesia e rianimazione per continuare ad occuparmi di terapia del dolore?. Fino al 1 aprile del 2007 la reperibilit? notturna e nei giorni di festa non ? mai stata pagata a Luca Manfredini n? al suo collega n? agli infermieri. Tutto volontariato per portare, comunque, avanti il progetto. Da poco meno di un anno si ? iniziato a monetizzare il lavoro: circa 36 euro lordi per la notte e per il giorno festivo.
Non porta il camice questo medico perché così fa meno paura ai bambini, perché così non ci sono barriere tra lui e i piccoli, tra lui e la famiglia. ?Un medico strano quello che opera a domicilio. Entri nelle stanze, entri nella vita spezzata di questa gente che sta lontano da casa mesi e mesi, che non ce la fa a sopportare il peso di un figlio malato di cancro. Famiglie che vengono dal Sud, sradicate, costrette spesso a vendersi quello che hanno per riuscire a curare il bambino. Ci sono giorni in cui, con loro, passi ore e ore per la terapia. In ospedale puoi aprire e chiudere la porta, puoi delegare. A domicilio condividi tutto anche se il tuo ruolo ? quello di assistere, curare, accompagnare nei momenti più duri?. Per fortuna, la maggior parte dei suoi pazienti ce la fa: il 75[%] dei malati di leucemia, a cinque anni dalla diagnosi, ? guarito. Come ? guarito Sebastiano, 8 anni, con cancro alle ossa. ?Il padre guardava il figlio e non ci sperava, non voleva portarlo a casa, non voleva l?assistenza domiciliare. Riuscii a convincerlo, gli assicurai che se il bambino non fosse stato bene lo avrei portato subito in corsia. Aveva bisogno della morfina e di tante altre attrezzature. Veniva da Trapani Sebastiano. Che nel residence qui vicino al Gaslini ha ripreso fiducia e forza. Piano piano siamo riusciti a vincere la scommessa. E il padre l?ha riportato in barca a pescare?. Chi guarisce pu? sperare, in estate, di partire con Luca. S?, per tutti i bambini ? solo Luca. Dal 2004, con la Fondazione Rangoni di Trento partecipa ad un progetto, il ?Punto a campo?, che prevede un viaggio negli Stati Uniti: una vacanza in cottage insieme ad altri bambini di diverse parti del mondo che sono stati colpiti dalla stessa malattia Ideatore di questi campi (giochi, sfide, cavallo, palestra, pesca, canoa, attivit? manuali) ? Paul Newman che ha battezzato l?organizzazione con il nome ?Hole in the wall? (Il buco nel muro). ?Il campo dove si riuniscono ragazzi dai 10 ai 17 anni ? il buco attraverso il quale superi il muro della malattia. L?, gli ex pazienti sono seguiti da noi medici, ovviamente non retribuiti e in ferie dal lavoro, da volontari ed educatori. Il nostro obiettivo? La terapia ricreativa, il ritrovare la fiducia, il riuscire a guardare avanti?. Guardi Luca Manfredini e non ce la fai a seguire tutte le attivit?, non capisci come faccia a ricordarsi i nomi di tutti i pazienti, non sai da dove tiri fuori i sorrisi e l?orgoglio per il suo lavoro. Squilla il telefono. Sta organizzando una gita con la Guardia costiera di Genova: tutti i bambini che possono (medicalmente) permetterselo sono attesi sulla nave. Un giorno, tra le onde. E lui, ex marinaio, racconta che cosa c?? in fondo al mare. La vita.
Dal nostro inviato Carla Massi

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