Caso Mantova. Parla Ernesto Burgio, coordinatore del Comitato scientifico dell’associazione medici per l’ambiente-Isde: «Troppi petrolchimici sono stati gestiti con cinica leggerezza». Professor Burgio: come giudica la situazione del Petrolchimico di Mantova che Terra ha raccontato ieri? Mi pare l’abbiate descritta molto bene. E’ una storia che va avanti almeno dal 1998, da quando la dottoressa Costani decise di descrivere su Epidemiologia e Prevenzione il primo cluster di sarcomi. Poi vennero gli studi di Pietro Comba (Istituto Superiore di Sanità) e Paolo Ricci che dimostrarono ampiamente le responsabilità del petrolchimico e del suo inceneritore. A che punto sono gli studi che collegano l’inquinamento ambientale e le contaminazioni da produzioni industriali? Quali sono le patologie più frequenti? L’Italia è a rischio? Bella domanda. Direi che è sufficiente ricordare le inchieste sui molti, troppi petrolchimici italiani gestiti per oltre mezzo secolo con cinica “leggerezza”. Basterebbe ricordare i nomi di Porto Marghera, Taranto, Brindisi, Gela, Augusta, Priolo, Melilli, S.Filippo del Mela e, appunto, Mantova. Un vero e proprio rosario di tumori, malformazioni infantili e morti precoci che si sarebbero potute evitare. E di responsabilità a tutti i livelli che non sempre sono state accertate e raramente sono state perseguite, per affermare che l’Italia è “un paese a rischio”. Le evidenze scientifiche ci sono – sia in ambito occupazionale, sia sulle popolazioni direttamente esposte, sia sulla popolazione generale – ma sono ancora troppi i medici che se ne disinteressano. L’autorità sanitaria come potrebbe intervenire, sia a breve che a medio-lungo termine? Su questo punto la storia è chiara: ci sono stati medici, epidemiologi, funzionari seri a tutti i livelli che hanno fatto il loro dovere. E altri, come sempre, che non lo hanno fatto. Non si deve fare di tutt’erbe un fascio. Purtroppo gli interessi in queste vic e sono fortissimi, c’è il ricatto lavorativo e ancora molta ignoranza. Chi inquina dovrebbe pagare e non sempre è così; chi deve controllare dovrebbe essere messo nelle migliori condizioni (in tutti i sensi) per farlo e non sempre è così. Quanto è elevata la possibilità che un genitore esposto per anni ad agenti inquinanti possa trasmettere patologie ai figli? Questa è la nuova frontiera: su questo stiamo indagando con Isde in Italia e in Francia: è sempre più evidente che l’esposizione anche indiretta (tramite catena alimentare) dei genitori agli inquinanti emessi da questi impianti può danneggiare i gameti e che l’incremento continuo di molte patologie (obesità, diabete, allergie, tumori infantili, malattie neurodegenerative) potrebbe essere una diretta conseguenza di tutto questo. Speriamo che siano sempre di più i medici e in particolare i pediatri che se ne (pre)occupino. Qualche segno positivo c’è: anche il presidente della Società Italiana di Pediatria è sceso, di recente, in campo su queste tematiche e al prossimo Congresso nazionale, che si svolgerà a Roma tra una settimana, ci sarà un’intera sessione su questo tema. (Valerio Ceva Grimaldi)
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