Come è nata l’Isola che non c’è

Il gelo di quell’inverno, in cui – tra l’altro – scoppiò la Guerra del Golfo, che avrebbe reso ancora più problematico il nostro ritorno, si sciolse letteralmente sotto l’ondata di calore umano in cui ci avvolse la gente del Minnesota.
Non ci sentivamo del tutto soli a migliaia e migliaia di chilometri da Roma, separati anche dai nostri affetti più cari: c’era Glenn, il nostro “care volunteer”, burbero angelo che vegliava su di noi, pronto a prevenire e soddisfare ogni nostro più piccolo desiderio.

Ogni famiglia della casa aveva il suo volontario.A noi era capitato questo postino settantenne, ricco d’amore e povero di parole. Ma Glenn non era il solo a darci conforto; già il semplice fatto di condividere la quotidianità con genitori che avevano lo stesso problema, confidarsi pene e speranze, mangiare insieme i pasti accuratamente preparati (almeno due volte alla settimana) dai volontari, aiutarsi l’un l’altro nei bisogni quotidiani, dava un senso diverso a quei momenti tanto difficili. Da queste piccole cose si può forse intuire perché, paradossalmente, mi capita ancora oggi di ricordare con rimpianto quell’esperienza americana così drammatica e allo stesso tempo così ricca. E allora bisognava fare una casa “così” anche a Roma. Mi sono messa in contatto con altri genitori di bambini oncologici ed insieme abbiamo dato vita a “Peter Pan”, l’amico dei bambini del reparto Oncologico del Bambino Gesù di Roma. Quando ho parlato per la prima volta ai miei amici di Glenn e di tutto quello che avevo trovato in America, sembrava una favola: la favola di Peter Pan e l’Isola-che-non-c’è.

Il lavoro del nostro gruppo in questi anni può condensarsi in quel tratto di penna rossa che cancella sul nostro dépliant raffigurato qui a destra la parola “non”.

Oggi l’Isola c’è: si trova in via San Francesco di Sales n. 16, a due passi dall’ospedale.

Maria Teresa Barracano Fasanelli
Fondatrice e Presidente Onoraria

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