LUSSEMBURGO – Chi ha inquinato deve pagare: la Corte di giustizia dell’Ue, con una sentenza emessa oggi, ha chiarito che le aziende del polo petrolchimico siciliano, nell’area compresa tra i comuni di Augusta, Priolo Gargallo e Melilli, possono essere considerate ”presunte responsabili
dell’inquinamento” della rada. Bastano ”indizi plausibili”, anche se non sono stati accertati illeciti. I giudici del Lussemburgo si sono pronunciati su richiesta del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia. Al Tar si erano rivolte, tre anni fa, le imprese Raffinerie Mediterranee Erg, Polimeri Europa, Syndial, nonche’ Eni, ritenendo irrealizzabile la bonifica richiesta loro e soprattutto con costi sproporzionati. Una prima sentenza del Tribunale amministrativo, a favore delle imprese, era stata poi impugnata dalle autorita’ pubbliche che avevano vinto il ricorso davanti al Consiglio di giustizia amministrativa delle Regione Siciliana. A quel punto, dopo aver prescritto alle aziende ulteriori misure, l’amministrazione pubblica ha presentato un nuovo ricorso al Tar che, a sua volta, ha coinvolto la Corte Ue per l’interpretazione della vicenda, alla luce della direttiva europea sulla responsabilita’ ambientale. Il pronunciamento Ue – che sostanzialmente da’ ragione alle autorita’ italiane – vincola ora il giudice nazionale a cui spetta l’ultima parola. La Corte del Lussemburgo, nella sua sentenza, sottolinea che le norme comunitarie non ostacolano il fatto che le autorita’ pubbliche possano presumere l’esistenza ”di una casualita’ tra determinati operatori e un inquinamento accertato, in base alla vicinanza degli impianti alla zona interessata”. Per questo,
spiegano i giudici, basta che l’autorita’ disponga di ”indizi plausibili” e non e’ tenuta ”a dimostrare l’esistenza di un illecito”. Inoltre, la Corte riconosce la possibilita’ di imporre limiti all’uso dei terreni da parte delle aziende, se questi non sono stati bonificati dall’inquinamento, per impedire che la situazione ambientale degeneri. Da parte sua, tuttavia, l’amministrazione pubblica e’ tenuta ad ascoltare i rappresentanti delle aziende ed a motivare le scelte, salvo quando non si imponga un’azione urgente dal punto di vista della salvaguardia dell’ambiente. L’area Augusta-Priolo-Melilli e’ interessata da ricorrenti fenomeni di inquinamento ambientale e nella zona si sono installate molte aziende petrolchimiche e di idrocarburi, ricordano i giudici del Lussemburgo confermando, nella sostanza, il principio sancito delle norme comunitarie che ‘chi inquina paga’. Nell’area del petrolchimico, definito dagli ambientalisti il ”triangolo della morte”, l’Organizzazione mondiale della sanita’ aveva riscontrato anche presunti danni alla salute con eccessi di mortalita’ per tumori e si erano moltiplicate le segnalazioni di bambini nati malformati. Ad avviso di Legambiente, la sentenza di oggi sara’ ”molto utile a sbloccare il risanamento ambientale delle 57 aree piu’ inquinate d’Italia, gestite dal 1998 in modo del tutto inefficiente dal ministero per l’ambiente con il programma di bonifica ambientale, oltre alle migliaia di siti locali inquinati la cui bonifica compete a comuni e regioni”. (di Isabella Pucci)
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