Dove far curare il proprio figlio? L’Italia offre il meglio?

Ancora molto da fare sui servizi socio-assistenziali e le cure fuori dall’ospedale per i più piccoli. Risponde Fulvio Porta
 Diciamolo pure: per quanto riguarda la cura dei tumori pediatrici l’Italia non solo è all’avanguardia, ma è sempre più spesso meta di migrazioni che arrivano dall’estero. L’importante è fare riferimento a un centro specializzato come i 53 appartenenti alla rete Aieop (Associazione italiana di ematologia e oncologia pediatrica) distribuiti su tutto il territorio nazionale per garantire ai piccoli pazienti la migliore assistenza e terapia possibile. Questa rete, fra l’altro, si avvale anche di centri non Aieop che fanno però parte della rete pediatrica regionale e che collaborano con gli oncologi che hanno in cura i giovani malati: un modo per assicurare cure ottimali e continuità assistenziale il più vicino possibile al loro domicilio, in modo tale da evitare costosi e faticosi spostamenti ai bambini e alle loro famiglie. Se le terapie disponibili in Italia sono ai massimi livelli qualitativi, l’Italia, infatti, è indietro sul fronte dei servizi socio-assistenziali, molti dei quali gravano ancora sulle spalle delle associazioni dei genitori, mentre negli altri Paesi europei sono forniti dallo Stato. Ciò che resta dunque da migliorare è la qualità di vita durante e dopo le cure. Ci sono case albergo solo vicino ad alcuni grandi ospedali pediatrici e l’assistenza domiciliare, ad esempio, è un prezioso strumento introdotto nel corso degli ultimi anni in alcuni centri (grazie alla collaborazione tra sanità pubblica e associazioni dei genitori) che dovrebbe essere disponibile in tutte le strutture di ematologia e oncologia pediatrica. I bambini, è ovvio, preferirebbero essere curati a casa, frequentando nel limite del possibile la scuola e gli amici, senza essere allontanati dagli affetti e dalla loro quotidianità. Una soluzione che taglierebbe i costi anche per il Servizio sanitario nazionale. Su questo fronte, però, resta moltissimo da fare: serve personale qualificato: (medici, infermieri, psicologi, fisioterapisti) che si muova anche sul territorio, mancano le case-accoglienza, i mini-appartamenti, medici e strutture sul territorio per la de-ospedalizzazione. E quello che c’è è in gran parte merito delle associazioni di volontariato. Infine, anche sul fronte hospice e cure palliative in pediatria bisogna fare dei passi avanti. E’ un argomento di cui nessuno vuole parlare, ma riguarda una realtà che non può essere ignorata. Una migliore è più diffusa assistenza domiciliare (unita alle necessarie terapie anti-dolore) sarebbe utile anche per accompagnare gli ultimi momenti di vita dei bambini più sfortunati, per i quali sarebbe una seppur minima consolazione il fatto di poter vivere gli ultimi giorni a casa propria piuttosto che in ospedale.
Fulvio Porta Direttore dell’Unità Operativa di Oncoematologia Pediatrica e Trapianto di Midollo Osseo dell’Ospedale dei Bambini di Brescia Presidente Aieop CURRICULUM Fulvio Porta ha iniziato la sua carriera presso il Royal Marsden Hospital di Londra dove è stato coordinatore del Centro Trapianti della Leukemia Unit. A seguire ha coordinato il Centro di Oncoematologia e Trapianto dell’Università di Pavia dal 1986 al 1990. Ha aperto poi Brescia il Centro di Riferimento Nazionale per il trattamento mediante cellule staminali delle malattie congenite dell’immnunità (immunodeficienze primitive). Dirige l’Unità Operativa di Oncoematologia Pediatrica e Trapianto di Midollo Osseo dell’Ospedale dei Bambini di Brescia, è Presidente Aieop e Segretario del Gruppo Inborn Errors dell’EBMT (Euroepan Bone Marrow Transplant Group).

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