La rivolta delle mamme contro business cellule cordone

BOLOGNA – Luca, bolognese, 6 anni il prossimo agosto, dall’autunno del 2008 lotta contro il cancro. Soffre di leucemia ma continua a sorridere nonostante la chemio, la nausea, i capelli che cadono, gli occhi rimasti senza ciglia. Per i bimbi come lui un trapianto di staminali da cordone, stoccate in biobanche grazie alla generosit? di genitori che al momento del parto accettano la donazione solidaristica di queste cellule, pu? fare la differenza tra la vita e la morte. "Ma le difficolt? sono tante", denuncia la madre Barbara Bettucchi, 39 anni, maestra elementare. "In Italia la rete di raccolta ha troppi ‘buchi’ e la disinformazione dilaga", veicolata da mamme vip che "nelle interviste raccontano di come conserveranno all’estero il cordone del loro bimbo", per poterlo usare nel caso in cui il figlio si dovesse ammalare un giorno, e "di come questo gesto sia assolutamente da imitare se si ? dei genitori responsabili". Barbara non ci sta e affida all’ADNKRONOS SALUTE la sua disperazione, quella del marito Fabrizio e di tutte le madri che combattono contro il tumore dei figli. Giovani vite che rischiano di spezzarsi nelle corsie di un ospedale. "Queste signore, spesso ricche, madri di bambini che probabilmente e per fortuna non si ammaleranno mai, non hanno la più pallida idea di quello di cui parlano. Perch? anche nella sfortunatissima ipotesi che ai loro bimbi accada ci? che ? accaduto a Luca – avverte Barbara – di quel cordone", negato a persone gi? malate che potrebbero beneficiarne subito, "non se ne farebbero proprio niente". E mentre ? ancora calda la denuncia lanciata negli Usa da Irving Weissman, esperto di medicina rigenerativa all’universit? di Stanford in California, convinto che dietro il business della raccolta di cellule cordonali per uso autologo si nasconda "una grande truffa", un business che pu? costare alle famiglie "fino a 150 mila dollari", contro i ‘signori delle staminali’ le mamme italiane si alleano su Facebook. "Sulla mia pagina ho pubblicato una lettera – dice la madre coraggio – In Rete ho raccolto tante storie come la nostra", ma anche vicende "altrettanto drammatiche" di persone che si sono ammalate in et? adulta. "Altri genitori li ho conosciuti in reparto, al Centro di oncoematologia pediatrica ‘Lalla Seragnoli’ del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, dove Luca ? in cura. Cerchiamo di fare informazione per un futuro migliore migliore, perché la nostra sofferenza possa servire a qualcuno". La storia di Barbara, di Argelato in provincia di Bologna, inizia il 5 ottobre 2008. "La mia vita ? cambiata quel giorno", quando Luca aveva solo 4 anni. "Era pallido e strano da un po’ di tempo, così dopo una settimana di avanti e indietro dalla pediatra l’ho portato al pronto soccorso. Siamo usciti dopo un mese di chemio ad alte dosi: mio figlio aveva la leucemia. Una forma definita ‘ad alto rischio’, perché resistente al cortisone", riferisce la mamma. Una diagnosi "bastarda", soprattutto perché cercare spiegazioni non serva a nulla. "Queste malattie non guardano in faccia a nessuno – si sfoga la donna – Non hanno legami con niente, non ci sono particolari fattori di rischio tali da darti la matematica certezza che a te o a un tuo caro non possa mai accadere". Barbara si aggrappa alla speranza, alla "consapevolezza che oggi si pu? guarire, che la medicina e la scienza hanno nuove armi per combattere un male che prima non dava scampo". Se dopo due anni di chemioterapia la leucemia si ripresenta, "una delle risorse ? il trapianto di midollo ? ricorda – ma richiede un fratello o una sorella compatibili che Luca, come molti altri, non ha". Le chance di salvarsi dipendono allora "dalla generosit? di uno sconosciuto o una sconosciuta che donano il midollo, o di genitori che consentono alla raccolta del cordone ombelicale del loro bambino". Non lo stoccaggio autologo – quello che ‘ipoteca’ le staminali per un eventuale, futuro uso privato della cui efficacia per ora non esistono prove scientifiche, come ammonisce lo stesso Weissman ? bens? quella anonima che mette le preziose cellule a disposizione di chiunque ne abbia davvero bisogno. Barbara non tace la sua rabbia di fronte alle mamme della tv che raccontano orgogliose dell”assicurazione sulla vita’ fatta pensando al loro beb?. "Chi ? intenzionata a conservare il cordone del proprio bimbo dovrebbe informarsi, ma non da chi specula e ne ha fatto un business", precisa. Se lo facesse, "scoprirebbe che la conservazione autologa ? inutile. E nel raro numero di casi in cui pu? essere fondamentale, ? autorizzata anche in Italia e totalmente gratuita". Barbara si fa forza, ma ha imparato a guardare in faccia la realta’. "Non e’ vero che tutti i bimbi malati di leucemia oggi guariscono – dice – Per le forme ad alto rischio, come quella di Luca, le probabilita’ di guarigione con la sola chemioterapia si fermano al 65%". Con tutti gli effetti collaterali dei farmaci. "Il mio bambino sta seguendo il protocollo piu’ pesante e dovra’ continuare la chemio fino a ottobre. Il fegato soffre gia’, ma mi preoccupano anche il cuore e i reni". Senza contare lo strazio di dover guardare negli occhi un "ometto" che ha cominciato da subito a farsi delle domande. "Eravamo in ospedale da poco, era notte, Luca mi aveva visto piangere. Allora mi ha guardato negli occhi e mi ha chiesto ‘Mamma, ma io muoio?’. Gli ho detto di no, continuo a ripetermi che mio figlio non deve morire e non morira’", ma in questi lunghi mesi in reparto "di piccoli eroi, angeli che non ce l’hanno fatta, ne ho visti fin troppi". C’era Valentina, "era attaccata a un macchinario che faceva rumore e ogni giorno la sentivamo che arrivava in sala giochi perche’ voleva stare con gli altri". E c’era Stefano, "suo padre gli aveva comprato una mini-moto, lui ci saliva e correva" come per fuggire dalla malattia, dalla "bestia", testimonia Barbara commossa. "I dottori ti dicono ‘Ci vuole anche il coraggio di lasciarli andare’, ma io questo coraggio non ce l’ho", confessa la mamma. "Ho iscritto mio figlio a scuola – aggiunge – E a settembre, se i medici me lo permetteranno, ce lo mandero’ perche’ lui vuole vivere". Barbara e’ "stanca di vedere bimbi meravigliosi, piccoli piu’ forti di te, che ti insegnano a crederci, finire sconfitti da qualcosa contro cui ci sono armi per lottare". E dice basta anche a "una burocrazia lenta e pigra: in ospedale, se partorisci di notte, di sabato o di domenica, il cordone non te lo fanno donare". Per cambiare le cose ha scritto anche all’Adisco (la sua testimonianza e’ sulla pagina Facebook dell’associazione) e a Mamme online. "Com’e’ possibile che ci siano ancora questi ostacoli?", chiede, lanciando un appello al Governo: "E’ vero, la raccolta di staminali cordonali ha dei costi. Ma in Italia abbiamo miliardi di sprechi, non sara’ certo questo a fare la differenza". Puo’ farla, pero’, per un bimbo malato di cancro.

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