A Ravenna ottenere il secondo parere di uno specialista non è più un onere individuale del paziente. Qui è il Servizio Sanitario Nazionale a riconoscere l’importanza della “seconda opinione”, tanto da fornirla come prestazione gratuita per il cittadino. A Ravenna, infatti, è stata avviata una sperimentazione in tal senso dall’Azi a Usl locale.
L’ESPERIMENTO – «È un diritto fondamentale dei cittadini capire perché un trattamento è necessario, se è scientificamente fondato, quali sono i benefici che possono conseguirne, come potrebbe evolvere il quadro clinico, quali sono le probabilità di guarigione e quali i rischi ai quali si va incontro seguendo un certo trattamento — dice il dottor Tiziano Carradori. Direttore generale dell’Azienda Usl —. Se si considera anche l’estrema variabilità delle pratiche mediche, si capisce come l’istituzione del secondo parere all’interno del sistema sanitario pubblico vada nella direzione di garantire il più possibile al cittadino decisioni prese sulla base dell’evidenza scientifica, accompagnandolo nelle sue difficili scelte». D’altra parte, il secondo parere di un collega esperto e qualificato può essere utile anche per i professionisti che lo chiedono, che in tal modo possono arrivare a condividere la responsabilità di scelte cliniche che spesso sono fondate su conoscenze probabilistiche più che su vere e proprie certezze. «Ufficializzando la richiesta di secondo parere si superano anche quelle ambiguità di relazione fra medico e paziente generate da richieste effettuate all’insaputa del primo medico, evento oggi abbastanza frequente — sottolinea la dottoressa Bianca Caruso, Direttore dell’assistenza ospedaliera dell’Azienda Usl di Ravenna —. Diversi studi hanno oltretutto dimostrato che il clinico migliora la sua accuratezza diagnostica e terapeutica quando sa della possibilità che lo stesso caso venga sottoposto a un altro medico». «A richiedere il secondo parere può essere l’assistito stesso, la sua famiglia, il suo medico di medicina generale, o uno specialista» spiega ancora Tiziano Carradori. Questo nuovo percorso riconosce implicitamente che la Medicina non è una scienza esatta, e certamente rappresenta una grande opportunità per i cittadini. Ma c’è il rischio che a volte possa generare confusione in chi deve decidere cosa fare di fronte a una scelta difficile sulla quale due specialisti non si trovano d’accordo?
CONSAPEVOLEZZA – «Il progetto nasce da un percorso di consapevolezza collettivo, sia della direzione, sia dei clinici, sull’opportunità di rendersi disponibili a confrontarsi di fronte ai propri pazienti sulle scelte diagnostiche e terapeutiche — dice ancora la dottoressa Caruso —. Quindi, quando è necessario prendere una decisione difficile, sono gli stessi “medici di riferimento” del paziente che possono aiutarlo. Si tratta di medici di reparto identificati chiaramente in cartella al momento del ricovero, che si prendono cura del paziente per tutta la sua degenza e anche per i 15 giorni successivi alla dimissione, rendendosi disponibili per contatti con il medico di medicina generale, in modo che il paziente non debba mai sentirsi solo nelle sue decisioni».
CHI PUÒ CHIEDERLO – Il progetto dell’Ausl di Ravenna prevede che si proceda con un secondo parere:
1) in caso di diagnosi importanti e interventi invasivi, che potrebbero incidere sulla qualità della vita; 2) per patologie mediche, specie neurologiche (cerebrolesioni) e per disturbi neuropsichiatrici infantili;
3) quando si prospettano interventi chirurgici (ad es. isterectomia, prostatectomia, mastectomia); <
4 ) per i casi nei quali più spesso ci sono conseguenze medico-legali;
5)per condizioni gravi, invasive e menomanti;
6) per patologie rare a prognosi incerta.
Danilo di Diodoro