COSENZA – La sofferenza ha mille volti. Il più doloroso di tutti, però, fa capolino all’improvviso da
dietro una vetrata del pronto soccorso pediatrico dell’Annunziata: è il volto
di un bimbo “velato” da una mascherina, protetto in un ambiente
asettico da virus e batteri potenzialmente letali. Sì, proprio mortali, perché
la malattia di quel piccolo ha un nome terribile: si chiama tumore.
Negli ultimi anni, all’interno del reparto diretto dal dottor Domenico Sperlì di tumori in età
pediatrica ne sono stati diagnosticati ben 171, a cui vanno aggiunti altri 56
casi di leucemia. Dati traumatici ma importanti, perché realtà del genere,
almeno dalle nostre parti, non esistevano. Si doveva giocoforza partire verso
il Nord Italia, con una migrazione sanitaria pari al cento per cento. Oggi non
è più così: solo il 15 per cento dei bimbi cosentini ammalati – generalmente i
casi più gravi – lascia la Calabria per curarsi. Questa inversione di tendenza,
secondo il primario Sperlì, per quanto riguarda le leucemie ha permesso alla
Regione di recuperare una somma che si aggira intorno ai 6 milioni di euro. Un
gruzzolo che in questi tempi di crisi, piani di rientro e manovre “lacrime
e sangue” non può che fare comodo.
L’altra faccia della medaglia è ancora una volta rappresentata dalle difficoltà gestionali, dalle
scarse risorse, dai tagli che hanno un sapore più amaro quando vanno ad
influire sull’assistenza dei nostri figli, dei nostri fratellini e sorelline,
dei nostri nipoti. La prima sorpresa nasce dall’apprendere che il personale del
pronto soccorso pediatrico fa la spola con il reparto di Pediatria. Non ci sono
quindi medici che si occupano solo di affrontare le emergenze, ma come in tutte
le “trincee” bisogna arrangiarsi alla meno peggio con le poche
risorse di cui si dispone. A fronte di un’esigenza di almeno 14 medici, al
momento se ne contano 9 in organico. Di questi professionisti sanitari, tre
sono precari “storici”, legati tramite un contratto a tempo
determinato con l’Azienda ospedaliera bruzia guidata dal direttore generale
Paolo Gangemi.
Ma per comprendere appieno quanto sia complesso operare a queste latitudini è necessario
confrontarsi con altri dati. Partiamo dall’organizzazione del pronto soccorso
pediatrico, suddiviso in due aree: medica e chirurgica. In azione durante la
mattinata ci sono solitamente due o tre medici. La situazione cambia
radicalmente già dal pomeriggio, quando il servizio viene assicurato da un solo
specialista, che per giunta deve anche garantire la guardia medica del reparto
di Pediatria. La mole di lavoro è ancora più impressionante se si guarda al
numero dei pazienti curati: nel 2011 gli ingressi in pronto soccorso medico
sono stati 11mila, mentre 5mila sono state le prestazioni erogate nell’area
chirurgica. Il totale è presto fatto: 16mila visite, intorno ai 40 ingressi
giornalieri. Di questi, però, la quota maggioritaria (80 per cento) è rappresentata
dai codici bianchi, cioè traumi lievi e piccole malattie, che comunque intasano
le corsie all’inverosimile. Il boom si registra durante i weekend, quando i
medici di famiglia chiudono gli studi e tutti si rivolgono direttamente
all’ospedale, il più delle volte per leggeri malanni che potrebbero essere
tranquillamente curati in casa. Pure i ricoveri toccano cifre piuttosto alte:
nel 2011 ne sono stati fatti circa 800 (quasi tutti in day hospital) per un
totale di 2.800 giornate di degenza.
Uno sforzo enorme, che meriterebbe maggiori attenzioni e fortune. Perché riguarda il nostro futuro.
Eppure, il blocco del turn over ha impedito di rimpiazzare i cinque medici che
sono andati in pensione negli ultimi quattro anni. E anche il futuro dei tre precari
non è dei più rosei.
A queste latitudini, però, sono abituati a ridare la speranza a chi l’ha persa. Un’azione condotta
non solo da medici e infermieri, ma anche da una psicologa associata al reparto
(caso piuttosto raro). Così come fondamentale è l’apporto delle associazioni di
volontariato, ad esempio la “Gianmarco De Maria”, che quotidianamente
strappano un sorriso ai quei bimbi malati e ai loro familiari. Un sorriso vero,
lontano dalle ipocrisie, che sboccia sul volto di chi ha imparato cosa vuol dire
soffrire. Senza mai smettere di lottare.
I numeri
16.000 Gli ingressi di piccoli pazienti nel pronto soccorso pediatrico dell’Annunziata in tutto il 2011.
80% La percentuale dei bimbi entrati in pronto soccorso in codice bianco, cioè colpiti da malanni
lievi che si sarebbero potuti curare anche in casa. Questa quota contribuisce a intasare il reparto.
9 Il numero dei medici in servizio nel pronto soccorso, professionisti costretti a fare la spola con il
reparto di Pediatria. Tre di loro sono precari storici, con contratti a tempo determinato.
L’organico per essere considerato completo dovrebbe contare almeno quattordici medici.
800 I ricoveri di bambini affetti anche da malattie rare effettuati nel corso del 2011, pari a circa 2.800 giornate erogate durante tutto l’anno.
6 milioni di euro La cifra risparmiata dalla Regione negli ultimi anni grazie al sensibile calo delle migrazioni sanitarie per la
cura dei bimbi malati di leucemia. (Fabio Melia)