BOLOGNA – Studiare una alterazione genica all’origine dell’esostosi multipla con la prospettiva, ancora lontana, di arrivare ad una terapia genica anche con l’utilizzo di cellule staminali. E’ questo uno dei programmi di ricerca a cui sta lavorando il laboratorio di genetica medica dell’Istituto Rizzoli di Bologna per affrontare questa patologia scheletrica molto rara (uno ogni 30 mila nuovi nati), che determina protuberanze (fino a 200) in genere nelle ossa lunghe (braccia, gambe, pelvi, dita, scapole).
La malattia – come ha spiegato il direttore del modulo di genetica medica Luca Sangiorgi – in molti casi puo’ essere asintomatica e non avere una evoluzione invalidante, ma in altri casi puo’ essere altamente dolorosa (compressione di vasi, nervi o muscoli) e negli adulti al di sopra dei 30 anni puo’ portare ad un tumore osseo fra lo 0,5[%] ed il 5[%] dei casi.
Il Rizzoli negli ultimi due anni e mezzo ha messo sotto osservazione 240 pazienti provenienti da tutta Italia individuando alcune correlazioni fra aspetti genici (alterazioni dei geni ext 1 ed ext 2) e aspetti clinici. Ma soprattutto prendendo in carico malati che spesso si sentivano abbandonati data la rarita’ di questa malattia poco studiata e trattata. Al Rizzoli lunedi’ prossimo e’ in programma un convegno nel quale si confronteranno gli specialisti per fare il punto sulle prospettive della ricerca e sulla possibilita’ di realizzare un network per l’ analisi dei pazienti (coinvolti fra gli altri l’ospedale Gaslini di Genova ed il Meyer di Firenze). Ma all’incontro parteciperanno anche le associazioni dei pazienti perche’ il loro ruolo – ha spiegato Sangiorgi – e’ fondamentale per sensibilizzare i malati e mettere a punto un percorso corretto per affrontare una malattia che puo’ richiedere controlli per tutta la vita.
L’esostosi multipla e’ una delle moltissime patologie scheletriche rare di cui si occupa il modulo di genetica del Rizzoli che per accelerare i tempi di analisi del dna ha acquistato una macchina che permette di eseguire la metodica di ‘high resolution melting, Hrm) che accorcia da sette ore a 50 minuti i tempi per la procedura. Questo permette di eseguire piu’ rapidamente la sequenza del dna del paziente per metterla a confronto con il tracciato ‘normale’ preso a riferimento e quindi eseguire la diagnosi.
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