Meno diagnosi e più tardi: l’impatto del covid sull’oncologia pediatrica.

coronavirus e oncologia pediatrica

Avere un tumore ai tempi del covid: l’impatto sui giovani pazienti oncologici.

I bambini e gli adolescenti malati di tumore sono stati degli “osservati speciali” durante la pandemia da coronavirus a causa della loro condizione di malattia e fragilità.

Dai dati raccolti dall’AIEOP, l’Associazione italiana di oncologia pediatrica, sappiamo che il Covid-19 non ha risparmiato i bambini e ragazzi con tumore anche se i casi non sono molti: 40 in Italia da febbraio a ottobre. Tutti con decorso lieve o moderato, mentre un solo paziente, adolescente, ha avuto bisogno della terapia intensiva. Nessuno di loro è morto a causa del virus.

I dati ci dicono anche che in questi casi di positività due su tre hanno dovuto interrompere temporaneamente i trattamenti chemioterapici.

Non sottovalutare i sintomi: l’appello dell’oncologia pediatrica alle famiglie.

In questo periodo di pandemia si è fatto meno ricorso alle visite pediatriche, agli accessi al pronto soccorso e anche alle vaccinazioni. L’AIEOP ha registrato una riduzione di un terzo delle diagnosi di tumore pediatrico e un aumento di quelli in stato avanzato. Si è verificata inoltre spesso la sospensione di molte terapie riabilitative e un rinvio di controlli di bambini con disabilità.

Gli oncologi lanciano pertanto un appello ai genitori a non trascurare sintomi preoccupanti nei propri figli e a farli visitare. Franca Fagioli, direttrice del dipartimento di Pediatria alla Citta della Salute e della Scienza di Torino lo dice chiaramente: «È difficile oggi quantificare con precisione quanto questo minor accesso ai servizi sanitari abbia influito sulla tempestività della diagnosi oncologica. Certo è che in quel periodo abbiamo diagnosticato meno tumori oppure individuato neoplasie in fase più avanzata e in condizioni più gravi del solito. E questo, purtroppo, comporta il rischio di compromettere definitivamente le probabilità di guarigione dei nostri malati».

Oncologia pediatrica e vaccino anticovid: chi può farlo?

Allo stato delle sperimentazioni effettuate non è possibile somministrare il vaccino anticovid ai bambini di età compresa tra 0 e 15 anni.  Si possono invece vaccinare i ragazzi dai 16 anni in su secondo le stesse indicazioni e modalità che valgono per gli adulti malati di tumore. Al fine di salvaguardare i bambini che non possono al momento essere vaccinati si raccomanda in un documento dell’AIEOP la vaccinazione per gli operatori sanitari, per i genitori e i conviventi adulti della famiglia.

Adolescenti e covid: aumentano i disagi psicologici.

Il disagio psicologico dovuto alla doppia presenza di malattia tumorale e pandemia è accusato in particolar modo dagli adolescenti, da quella fascia di età in cui la consapevolezza del proprio stato e le relazioni sociali sono vissute con maggiore stress.

Uno studio del gruppo di lavoro psico-sociale dell’AIEOP rileva come a seguito dell’impatto emotivo della pandemia, sono riemerse ansie negli adolescenti fuori terapia oncologica.

La ricerca di autonomia, il rapporto con il proprio corpo, le relazioni con il gruppo e gli amici, il bisogno di approvazione e il rispecchiamento, la fatica a controllare gli impulsi, la gestione della paura e dell’angoscia. Questi sono i temi caldi che gli adolescenti col distanziamento sociale devono affrontare oggi. Questa tematica è al centro di un libro di recente uscita che dedica un intero capitolo all’impatto sulla psiche e la vita dei ragazzi del covid-19.

Reparti covid e distanziamento sociale: arriva la stanza degli abbracci.

La mancanza di contatto fisico, così importante per gli adolescenti ma non solo, così necessario in tutte le relazioni affettive, comincia a diventare insopportabile per tutti. E proprio per ritrovare quel contatto negato ecco una invenzione che di certo lascerà il segno anche quando questa pandemia, speriamo, diventerà solo un ricordo.

Viene chiamata la stanza degli abbracci, un luogo in cui chi è malato e i suoi cari possono toccarsi, abbracciarsi, stringersi la mano, attraverso una parete in plastica trasparente, ma robusta e con annesse “maniche” da indossare. Ha esordito nelle case di cura ridando il sorriso a molti anziani lontani dalla famiglia, ma grazie ad una donazione è arrivata anche tra i piccoli malati di tumore della oncologia pediatrica dell’ospedale Regina Margherita di Torino. Un esempio da seguire per far sentire meno soli tutti i bambini e gli adolescenti malati di tumore in ricovero.

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