Papillomavirus Umano (HPV): ancora troppo poche le adolescenti italiane che si vaccinano

Ogni anno in Italia si registrano circa 3.500 nuovi casi di persone contagiate da Papillomavirus (HPV), con un migliaio di donne morte per patologie dovute all’infezione e forme tumorali da HPV, sempre più spesso segnalate anche nei maschi.

Ancora oggi l’HPV è poco conosciuto e, spesso, i suoi effetti vengono sottovalutati da parte degli adolescenti italiani e dei loro genitori.

Eppure, l’infezione da HPV, tra le più comuni Malattie Sessualmente Trasmesse, è la causa necessaria perché si sviluppi il cancro del collo dell’utero, secondo tumore più frequente, nell’Unione Europea, tra le donne di età compresa tra i 15 e i 44 anni, dopo quello della mammella.

“Nel mondo, circa il 70% delle donne entra in contatto con il virus HPV almeno una volta nella vita – afferma la Prof.ssa Susanna Esposito, Direttore UOC Pediatria 1 Clinica, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Università degli Studi di Milano e Presidente della Società Italiana di Infettivologia Pediatrica (SITIP) – e la maggiore prevalenza di infezioni da HPV si riscontra all’età di 20 anni, proprio in coincidenza con il recente inizio dell’attività sessuale”.

Dopo questa età, infatti, alcuni ceppi di HPV vengono eliminati dalle difese dell’organismo della donna, lasciando un’immunità specifica: ne consegue, quindi, che oltre i 20 anni la prevalenza di infezioni da HPV diminuisca.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità e le autorità sanitarie di tutti i Paesi raccomandano, quindi, una vaccinazione anti-HPV precoce, già tra le pre-adolescenti, in un’età compresa tra gli 11 e i 12 anni, quando la risposta immunitaria è migliore e il beneficio è massimo. La vaccinazione è molto efficace, inoltre, se effettuata anche prima dell’inizio dell’attività sessuale perché induce una protezione maggiore prima di un eventuale contagio con l’HPV.

L’Italia risulta essere ben lontana dall’esempio del Regno Unito, dove le coperture con 3 dosi di vaccino anti-HPV superano l’85%. Nel nostro Paese, infatti, passata la grande attenzione mediatica che si è avuta al momento della prima disponibilità gratuita del vaccino nel 2008 e il forte sostegno subito dimostrato anche dalle nostre Istituzioni Sanitarie nei confronti del ‘vaccino contro il cancro’, le coperture vaccinali in questi anni non hanno visto un grande incremento e si sono osservate importanti differenze tra una Regione e l’altra.

L’HPV si trasmette durante i rapporti sessuali, anche non completi, per contatto diretto fra la cute o le mucose di un soggetto infettato e quelle di un soggetto suscettibile, cioè di una persona che non aveva mai incontrato in precedenza quel particolare tipo di HPV. L’utilizzo corretto e costante del profilattico previene la maggior parte delle infezioni batteriche e virali, ma l’infezione da HPV ha un suo aspetto caratteristico, legato al fatto che, se l’HPV si trova su un tratto di pelle non coperta dal profilattico, la trasmissione può ugualmente avvenire.

Sono 120 i tipi di HPV esistenti e di questi, 40 sono associati a patologie genitali e al cancro del collo dell’utero: il tipo 16 risulta il più frequente, tanto che da solo copre più del 50% di tutti i cancri della cervice, seguito dal tipo 18. Sono, infatti, questi i due tipi ad alto rischio presenti in ambedue i vaccini che esistono in circolazione.

Tipi particolari di HPV provocano, inoltre, lesioni a carico della cute, come le verruche e quelle a livello degli epiteli genitali, come i condilomi acuminati.

L’HPV è risultato associato anche ad altri tumori delle vie ano-genitali, del cavo orale e della cute in generale, quali:

• Dal 64% al 91% dei tumori della vagina

• Dall’88% al 94% dei tumori dell’ano

• Nel 25,9% dei tumori della bocca e del laringe

• Nel 30-50% dei tumori non melanomatosi della cute

• Meno di frequente nei tumori della vulva e del pene

“Sebbene in un gran numero di donne si possa riscontrare un’infezione da HPV a carico del collo dell’utero – prosegue Susanna Esposito – nella gran parte di esse il processo non progredisce verso il cancro, grazie all’intervento delle difese dell’organismo. Tra i fattori che favoriscono la persistenza dell’infezione è l’insorgenza del tumore al collo dell’utero, è possibile indicarne alcuni:

• Cofattori ambientali ed esogeni: fumo di tabacco, contraccettivi ormonali, coinfezione con altri agenti infettivi sessualmente trasmessi

• Cofattori virali: tipo di HPV e coinfezioni con altri tipi di HPV, varianti di HPV, grandezza e ripetizione dell’inoculum, e integrazione virale

• Cofattori dell’ospite: numero di gravidanze (rischio relativo fra 1,08 e 1,12 per ogni gravidanza), alti livelli di ormoni endogeni, fattori genetici, risposta immune individuale e numero di partner sessuali”.

Da sfatare, inoltre, la convinzione che l’HPV colpisca soltanto le donne. Nel corso della vita, infatti, il 50% degli uomini, quindi 1 su 2, potrebbe contrarre un’infezione da HPV: il DNA dell’HPV tipo 16 è stato identificato nelle mucose dei genitali e della cavità orale, e sulla cute di soggetti di sesso maschile, soprattutto omosessuali e bisessuali.

Anche per la popolazione maschile, infatti, in alcuni Paesi quali Stati Uniti, Canada e Australia è raccomandata la vaccinazione contro l’HPV.

Eppure, nonostante lo scenario prospettato desti una certa preoccupazione sia per le donne sia per gli uomini, la copertura vaccinale anti-HPV non è così elevata come ci si aspetterebbe.

“In Italia – sostiene Susanna Esposito – probabilmente la vaccinazione anti-HPV non è stata percepita in tutta la sua importanza e valutata per il forte impatto positivo che può rivestire solo in presenza di elevate coperture vaccinali. Inoltre, il fatto che vi fosse già un intervento di prevenzione secondaria disponibile (Pap test e conseguente intervento sulla lesione eventualmente rilevata) ha fatto ritenere che la vaccinazione costituisse una sorta di ‘doppione’, in fondo non così necessario. Negli ultimi tempi, poi, abbiamo assistito ingiustamente ad un attacco concertato alle vaccinazioni, accusate da persone senza alcuna base scientifica, di essere causa di gravi patologie a fronte di dubbi vantaggi, tentando di far passare il sospetto che esse siano effettuate con la connivenza degli operatori sanitari a solo vantaggio delle aziende produttrici”.

In realtà la vaccinazione anti-HPV, per le donne e gli uomini, può esplicare in pieno il proprio effetto di riduzione delle patologie da HPV, soprattutto di tipo tumorale, solo se si raggiungono coperture vaccinali molto elevate. In caso contrario, il rischio è quello che le stesse persone che non eseguiranno regolarmente lo screening in età adulta siano anche quelle che non ricevono oggi la vaccinazione, con l’effetto di fornire le misure preventive in modo completo ad una parte di popolazione, e nessuna misura ad un’altra parte.

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