SAN FRANCISCO – Studio canadese suggerisce i possibili benefici della «mindfulness». Gold for Kids, progetto a sostegno di bimbi e ragazzi con tumore di Fondazione Veronesi e Aieop
di Vera Martinella
La tecnica di meditazione «mindfulness» può aiutare i teenager con un tumore a migliorare il proprio umore e la qualità del sonno e di vita. Lo sostiene uno studio canadese presentato nei giorni scorsi durante il convegno dell’American Psychosomatic Society tenutosi a San Francisco. Ad oggi circa il 70 per cento degli adolescenti che si ammalano di cancro guarisce e nella stragrande maggioranza dei casi può avere una vita normale, del tutto simile a quella di un coetaneo che non ha mai dovuto affrontare la malattia. «Ma è fondamentale che i teenager siano curati nelle oncologie pediatriche specializzate e non in centri dedicati alla cura degli adulti, perché il loro tipo di tumore nella stragrande maggioranza dei casi richiede competenze e cure più simili a quelle dei bambini» sottolinea Andrea Ferrari, oncologo pediatra responsabile del Progetto Giovani dell’Istituto tumori di Milano, durante la presentazione del progetto Gold for Kids della Fondazione Umberto Veronesi, che per l’iniziativa lavorerà in sinergia con l’Associazione Italiana di Ematologia ed Oncologia Pediatrica (Aieop) e la sua Fondazione.
Raggiungere il centro di cura adeguato è fondamentali
Certo il tumore arriva come un fulmine a ciel sereno nell’età della spensieratezza per eccellenza, quando i ragazzi a tutto pensano fuorché all’ipotesi di ammalarsi in modo grave e si ritrovano invece a dover affrontare sia i sintomi fisici che l’ansia e l’incertezza del futuro legati al tumore, con un bagaglio di sofferenza emotiva arduo da sostenere. «L’impatto con la diagnosi è durissimo – conferma Carlo Alfredo Clerici, specialista in psicologia clinica dell’Istituto Tumori di Milano -. E i giovani pazienti, oltre a essere spaventatissimi com’è comprensibile, sono spesso increduli, arrabbiati e disorientati. Mancano loro le coordinate per capire cosa succede, anche perché fino a poco tempo prima godevano di ottima salute. E’ quindi importante che ricevano, insieme alle terapie, un sostegno psicologico che li aiuti a superare il momento di difficoltà nell’immediato e a gestire al meglio il loro futuro». E’ facile immaginare come la situazione del paziente adolescente sia ancora più complicata rispetto a quando si ammala un bambino o un adulto per le peculiari specificità fisiologiche e soprattutto psicologiche dei ragazzi che già si trovano nella più delicata fase dello sviluppo. Dati statistici alla mano, raggiungere gli ospedali «giusti» significa avere maggiori possibilità di guarire ed essere seguiti da equipe multidisciplinari in grado di affrontare i bisogni specifici dei ragazzi. «Oggi però solo un adolescente su quattro (fra i 15 e i 19 anni) viene intercettato dall’efficace rete dei centri Aieop – spiega Paolo Veronesi, presidente di Fondazione Veronesi -. Gli altri, pur essendo affetti nella maggior parte dei casi da tumori di tipo pediatrico, vengono ricoverati e curati nell’oncologia dell’adulto, dove i protocolli di cura sono diversi e non sempre adatti. Anche a causa del limite d’età per il ricovero nei reparti di pediatra in molte regioni stabilito fra i 14 e i 16 anni. Fra gli obiettivi di Gold for Kids c’è quindi sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica su questo tema, affinché tutti i giovani pazienti italiani raggiungano il luogo di cura ottimale per la loro patologia».
Una strategia di meditazione per dare sostegno ai ragazzi
I ricercatori dell’Università di Montreal hanno deciso di sottoporre un gruppo di teenager a otto sessioni da 90 minuti di mindfullness, una strategia meditativa che deriva dagli insegnamenti buddisti zen e yoga. Si tratta, in pratica, di una particolare modalità di prestare attenzione, momento per momento, al presente in cui si vive per risolvere (o prevenire) la sofferenza interiore e raggiungere un’accettazione di sé attraverso una maggiore consapevolezza della propria esperienza. Le meditazioni offerte ai giovani partecipanti allo studio si basano su pratiche rilassanti in grado di aumentare la concentrazione sul presente e sulle connessioni mente-corpo. E, stando agli esiti riportati durante il convegno di San Francisco, sono risultate efficaci nel ridurre i loro pensieri angoscianti relativi al futuro, alla progressione della malattia, all’eventualità di morire e alle conseguenze dei trattamenti. In particolare, dopo le otto sessioni settimanali sono diminuiti i livelli di depressione ed è migliorata la capacità di dormire serenamente. «Per sostenere i ragazzi – conclude Clerici – è importante che in famiglia possano affrontare la verità e parlare di quanto stanno vivendo il più apertamente possibile. Un aiuto importantissimo viene poi dal riuscire a non far portar via dalla malattia tutta la normalità che è possibile ancora avere: restare in contatto con la scuola e gli amici, ad esempio, contribuisce a far recuperare fiducia e forza rispetto al proprio progetto di vita».