I tumori pediatrici sono un evento per fortuna raro, ma che ha un grande impatto sui pazienti e sulle loro famiglie, e purtroppo i dati raccolti dal Registro tumori indicano un aumento del numero dei casi ogni anno. Dica33 ha incontrato Fulvio Porta, presidente della Associazione italiana ematologia e oncologia pediatrica (Aieop) affiliata alla Società italiana di pediatria, per conoscere i dati più recenti e compr ere i motivi di tale tendenza. Dottor Porta, quali sono i dati epidemiologici, europei e italiani sui tumori infantili? I dati di incidenza dicono che ogni anno in Europa, si ammalano 140 bambini ogni milione di bambini di età 0-14 anni, con qualche variabilità tra i vari paesi e tra Europa dell’Est e dell’Ovest. Un tasso di incidenza che, peraltro, è andato aumentando negli ultimi anni con un incremento annuo variabile dallo 0,8 al 2,1% a seconda del tipo di tumore e di età, sesso e nazione di residenza. In Italia, il rapporto 2008 dell’Associazione italiana registri tumori (Airtum) sui tumori infantili, ha confermato una tendenza all’aumento dei tassi di incidenza di tutti i tumori pediatrici pari al 2% annuo. Si è passati, infatti, da 147 casi per milione di bambini all’anno nel periodo 1988-1992 a 176 tra il 1998 e il 2002. Un confronto con dati pubblicati in letteratura ha evidenziato infine che i tassi di incidenza italiani per tutti i tumori complessivamente sono risultati tra i più alti di quelli europei degli anni ’90 (140 per milione di bambini per anno) e di quelli americani (158). Ci sono tipi di tumore in cui si registra un numero maggiore di casi rispetto ad altri? Le categorie diagnostiche responsabili di questo aumento sono risultate essere l’insieme dei tumori del sistema emo-linfopoietico (leucemie e linfomi) e i tumori solidi, con l’eccezione dei tumori dell’osso, del retinoblastoma e dei tumori epatici. In particolare, l’aumento più importante si è osservato nei bambini di età inferiore a 1 anno e negli adolescenti, seguiti dai bambini tra 1 e 4 anni, mentre, meno marcato, è risultato essere in quelli di età compresa tra 5 e 14 anni. È stato inoltre osservato un particolare aumento dei tumori della tiroide, molto rari nei bambini, e più frequenti negli adolescenti. L’incidenza è risultata altissima in Bielorussia e ciò è stato attribuito al “fallout” radioattivo per l’incidente di Chernobyl. Secondo lei o secondo gli attuali studi a che cosa è dovuto questo incremento? Purtroppo, poco si sa ancora su come si sviluppano i tumori pediatrici. Sappiamo che solo il 5-6% ha una chiara origine genetica, e che per meno del 3% è probabile una diretta correlazione con esposizioni ambientali: infezioni, agenti fisici o sostanze chimiche. Ne consegue che, per oltre il 90% dei tumori, la causa è ignota e si ipotizza che essi siano dovuti all’effetto dell’interazione tra fattori esterni (ambiente, abitudini di vita, etc) e il patrimonio genetico del paziente, che varia grandemente da soggetto a soggetto, e anche all’interno della stessa famiglia. Ma ci sono cause ambientali, sospette e/o riconosciute? I fattori di rischio studiati sono numerosi, ma le conclusioni sono ancora molto incerte. In particolare i fattori esterni per cui è stato dimostrato in modo sicuro un aumento del rischio di tumori pediatrici sono le radiazioni ionizzanti (inclusa la radioterapia e l’uso scorretto delle radiazioni a scopo diagnostico durante la gravidanza) che causano un ampio spettro di tumori, e un farmaco non più usato: il dietilstilbestrolo, che causa un rarissimo tumore della vagina (adenocarcinoma a cellule chiare). È invece più grande il numero di fattori sospetti, ma senza certezze: questi sono l’esposizione a gas di scarico (benzene) o a pesticidi, l’esposizione a campi elettromagnetici a bassa frequenza, le infezioni, l’immunodeficienza congenita o acquisita. Sono anche state studiate le esposizioni lavorative dei genitori sin dal periodo che precede la concezione del bambino, così come le loro abitudini di vita, quali la dieta, il consumo di tabacco e alcol. Infine, nonostante alcune segnalazioni apparse in letteratura, allo stato attuale non possiamo affermare l’esistenza di un nesso causale con l’esposizione a onde o i campi elettromagnetici. (di Simona Zazzetta)
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