Tumori: da italiani tecnica salva-fertilità donne dopo chemio

ROMA – C’e’ una nuova speranza per le bambine e le donne in eta’ fertile che devono affrontare una chemioterapia a seguito di un tumore: in futuro, potrebbero non essere costrette a rinunciare ad una possibile maternita’ a causa degli effetti collaterali delle terpie sulle ovaie. Ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Universita’ di Roma Tor Vergata hanno infatti scoperto come proteggere la fertilita’ delle pazienti sottoposte a chemioterapia. Coordinato da Stefania Gonfloni e Gianni Cesareni, lo studio che descrive le nuove strategie per proteggere le ovaie dagli effetti collaterali delle terapie contro il cancro e’ stato appena pubblicato sulla rivista Nature Medicine. La perdita di fertilita’, soprattutto nelle donne, e’ sicuramente uno degli effetti collaterali permanenti che ha un maggior impatto sulla qualita’ della vita dei pazienti guariti dalla  chemioterapia. Le cellule ovociti danneggiate nel Dna a seguito della chemioterapia vanno infatti naturalmente incontro alla distruzione ad opera del gene Tap63. I ricercatori hanno pero’ dimostrato, in esperimenti su topolini di laboratorio, che bloccando l’attivita’ di una particolare proteina (c-Abl) si puo’ impedire la funzione ‘kamikaze degli ovociti’ del gene TAp63 durante un trattamento chemioterapico, proteggendo la cellula ovocita dalla morte e di conseguenza prolungando la
fertilita’ nelle topoline, che hanno generato una progenie apparentemente normale. Il congelamento degli ovociti, da poter poi utilizzare per la fecondazione in vitro, e’ attualmente l’unica possibilita’ offerta alle giovani pazienti che potrebbero rischiare la loro fertilita’ in seguito a trattamento chemioterapico. Questa metodologia puo’ pero’ non essere appropriata per alcune pazienti. Ora, i risultati ottenuti dai ricercatori romani suggeriscono una valida alternativa. La speranza e’ che, passando dal modello animale all’uomo, l’effetto protettivo di c-Abl sugli ovociti possa essere confermato in pazienti sottoposti a chemioterapia e quindi, al piu’ presto si possano sviluppare strategie alternative per proteggere la fertilita’ delle giovani pazienti dagli effetti dannosi della chemioterapia. Lo studio, nato dalla collaborazione dei gruppi di ricerca del Dipartimento di Biologia e della Facolta’ di Medicina dell’Ateneo romano di Tor Vergata, e’ stato finanziato dall’Associazione Italiana Ricerca sul Cancro (Airc).

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