MILANO – Sono positivi i primi risultati di uno studio multicentrico condotto in 21 paesi del mondo per testare gli effetti sulla sopravvivenza di un nuovo farmaco contro il tumore primitivo piu’ comune del fegato: l’epatocarcinoma. I risultati, pubblicati sul New England Journal of Medicine, hanno coinvolto anche cinque centri italiani: l’Istituto Nazionale Tumori di Milano (Int) e le oncologie dell’Universita’ di Pisa, dell’Humanitas di Rozzano (Milano), di Pavia e di Bologna. Il farmaco e’ il sorafenib, una molecola che si era gia’ dimostrata attiva contro il tumore del rene, un farmaco ‘intelligente’ capace di ‘tagliare i viveri’ al cancro e di causarne un rallentamento della crescita. Nei pazienti con tumore epatico avanzato che hanno ricevuto il sorafenib, spiega l’Int, la sopravvivenza globale e’ aumentata del 44[%] rispetto a coloro a cui era stato somministrato il placebo. Il 20[%] circa dei 602 pazienti reclutati nel mondo per questo studio proveniva dall’Italia, il secondo gruppo piu’ numeroso dopo quello tedesco. ”I risultati positivi di questo studio sono destinati a cambiare la pratica clinica di tutti i medici che avranno a che fare con questo tipo di tumore negli anni a venire ? dice Vincenzo Mazzaferro, direttore dell’unita’ di trapianto del
fegato all’Int – si tratta di centinaia di migliaia di malati, molto comuni in Asia e in Africa ma in rapido incremento di incidenza anche in Europa e nel mondo occidentale, a causa della cirrosi epatica, prevalentemente correlata all’infezione da virus dell’epatite e all’abuso di alcool”. Il sorafenib e’ stato da poco approvato (9 luglio) per l’uso nei malati di epatocarcinoma dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), ed e’ prescrivibile e rimborsabile come farmaco ospedaliero (fascia H).
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