Capita quando i medici chiedono di casi precedenti in casa: è prezioso l’albero genealogico.
Non sempre ci si può fidare dei pazienti. Quando i medici chiedono ai loro assistiti di raccontare i casi precedenti di tumore avuti in famiglia non sono precisi, né sicuri, né attendibili. Il che è un problema perché spesso gli specialisti si basano anche sul resoconto dei diretti interessati per valutare un caso o per stimare il rischio futuro di una persona di sviluppare una neoplasia. A sostenerlo è uno studio appena pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute che si basa sull’analisi dei dati relativi a oltre un migliaio di persone intervistate.
LO STUDIO – Gli studiosi americani hanno chiesto ai 1.019 partecipanti di parlare delle diagnosi di cancro precedentemente avute da parenti di primo e secondo grado e hanno poi confrontato le risposte con i documenti contenuti in database ufficiali (come ad esempio i registri tumori statali o i certificati di morte). E’ così emerso che la precisione delle risposte sui casi e i tipi di malattia è mediamente bassa, mentre è elevata quando gli intervistati affermano di non avere alcun malato oncologico fra i propri consanguinei. Com’è ovvio, le cose vanno meglio nei resoconti sui congiunti di primo grado (genitori, fratelli, figli) rispetto a quando s’indaga sui nonni, zii e nipoti. E la correttezza è maggiore quando il passato familiare contiene casi di tumore al seno (riportato esattamente nel 61 per cento delle risposte) o al polmone (60 per cento), ma cala drasticamente se si trattava di carcinoma al colon retto (puntuale solo il 27 per cento delle risposte) o alla prostata (32 per cento).
L’IMPORTANZA DELL’ALBERO GENEALOGICO – In particolare, la «storia familiare» è un utile punto di partenza per i medici di base quando devono valutare sintomi sospetti e consigliare una visita specialista, un esame d’approfondimento o decidono di suggerire d’anticipare di qualche anno i test di screening per determinate forme di cancro. «Per questo – conclude il responsabile della ricerca, Phuong L. Mai – è importante trovare dei modi per migliorare l’accuratezza delle risposte da parte dei pazienti, perché avere a disposizione un corretto “albero genealogico della salute” potrebbe essere un ottimo strumento in più nella prevenzione contro il cancro e nella valutazione del rischio di ammalarsi di ciascuno di noi». Secondo Giuseppe Opocher, responsabile dell’Unità per i tumori ereditari dell’Istituto oncologico veneto (Padova), il problema sollevato dalla ricerca americana è aperto anche in Italia, «ma la storia familiare è sempre più rilevante, anche nel caso di una sospetta ereditarietà per tumore. Tanti centri – spiega – hanno sviluppato dei questionari molto dettagliati che aiutano, ma non risolve del tutto la questione dei ricordi imprecisi, spesso basati su memorie troppo lontane o su fatti riportati da altri».
REGOLE DA SEGUIRE – Ma chi ha avuto più casi di tumore in famiglia cosa deve fare? Quando bisogna sottoporsi ai test genetici? « Per stimare il rischio di ereditarietà esistono linee guida internazionali diverse a seconda del tipo di cancro in questione – spiega Opocher -. In generale, i dati che fanno pensare a una possibile natura ereditaria del tumore sono la comparsa della stessa patologia in più componenti dello stesso ramo familiare o in età più precoce rispetto alla media, la bilateralità o la multifocalità della neoplasia, una specifica combinazione di diversi tumori nello stesso individuo o tra parenti». Il consiglio fondamentale, in ogni caso, è lo stesso: parlarne con il proprio medico di base o con l’oncologo, per poi essere eventualmente indirizzati a uno dei centri che si occupano specificatamente di tumori ereditari. Qui ci sarà un primo colloquio che servirà a stimare il rischio di ereditarietà (durante il quale l’albero genealogico ha un ruolo cruciale) ed eventualmente a proporre il test genetico.
CONSULENZA GENETICA: PREDISPOSIZIONE NON SIGNIFICA CONDANNA – Circa il cinque per cento dei tumori diagnosticati in Italia può esser catalogato come ereditario e si tratta soprattutto di forme che colpiscono mammella, ovaio, colon, prostata, rene, pancreas, pelle (melanoma) e particolari forme che interessano alcuni le ghiandole endocrine. «E’ una piccola percentuale – conclude Opocher -, ma ogni paziente con neoplasia ereditaria in realtà rappresenta una famiglia nella quale poter identificare i soggetti che avranno bisogno di una sorveglianza specifica ed eventualmente interventi mirati per ridurre fortemente il rischio di malattia». Certo non è facile prendere coscienza di un rischio di trasmissione ereditaria del tumore, ma farsi prendere dal panico o vivere la «predisposizione» come una condanna non aiuta. Piuttosto è meglio pensare all’importanza di essere informati perchè aiuta a giocare d’anticipo, tenendo presente (anche per i proprio figli) che la genetica molecolare oncologica si evolve velocemente. (Vera Martinella)
Fonte: corriere.it – Data 20.7