Non sono più bambini e ancora non sono diventati adulti. Così gli adolescenti restano tagliati fuori dai protocolli clinici di oncologia pediatrica e quindi dall’accesso alle migliori cure possibili, secondo uno studio italiano pubblicato sull’European Journal of Cancer.
Ogni anno in Italia sono circa 1000 i ragazzi tra i 15 e i 19 anni a cui viene diagnosticata una neoplasia, ma solo il 10% riesce a raggiungere un centro di eccellenza e a ricevere le migliori cure disponibili.
Il dato emerge da uno studio condotto dall’Associazione Italiana di Ematologia ed Oncologia Pediatrica (Aieop) e pubblicato sull’European Journal of Cancer. “Il lavoro – ha illustrato il presidente Aieop Fulvio Porta – ha coinvolto oltre 22.000 pazienti, di cui 1745 adolescenti. Circa l’80% dei bambini sotto i 15 anni colpiti da cancro è trattato in centri specializzati Aieop. Ma – ha aggiunto Porta – nonostante due terzi dei tumori degli adolescenti siano neoplasie tipiche dell’età pediatrica, la maggior parte dei giovani tra i 15 e i 19 anni non è curata in strutture adeguate. Si pone con forza un problema di accesso alle cure per questo sottogruppo di malati oncologici, che, a parità di condizione clinica, ha quindi minori probabilità di guarire dei bambini”.
Una delle ragioni, spiega Andrea Ferrari, oncologo pediatra dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano e primo autore dello studio, “è rappresentata dalla ridotta partecipazione degli adolescenti ai protocolli clinici di oncologia pediatrica e quindi dal limitato accesso alle migliori cure possibili. Vi sono infatti barriere legate ai limiti di età, presenti negli ospedali e nei trial. Inoltre talvolta il medico a cui il paziente si rivolge per la prima volta non lo invia ai centri in grado di trattarlo in modo ottimale”.
Eppure, non mancano gli studi scientifici che dimostrano “significative differenze in termini di sopravvivenza tra pazienti adolescenti trattati in centri e con protocolli pediatrici rispetto ai coetanei curati in oncologie mediche dell’adulto. Soprattutto se la diagnosi riguarda le leucemie acute e i sarcomi”, ha commentato Porta. E ciò avviene perché “il classico modello interdisciplinare dell’oncologia pediatria è il più adatto a rispondere alla esigenze particolari di questi malati”.
Nonostante ciò i limiti di età per l’inclusione degli adolescenti in protocolli clinici pediatrici restano fissati arbitrariamente a 18, 16 o 15 anni.
Per questa ragione l’Aieop ha istituito una Commissione con l’obiettivo di produrre un documento che indichi azioni programmatiche a livello istituzionale e locale per superare questo limite. “Una reale svolta ci potrà essere solo se saremo capaci di migliorare la collaborazione tra il mondo dell’oncologia pediatrica e quello dell’oncologia medica. È necessario un cambiamento culturale: anche gli esperti dell’adulto devono essere coinvolti in questi protocolli, altrimenti i giovani malati continueranno a esserne esclusi”, ha concluso Ferrari.