La cura di un bambino richiede sempre un approccio diverso da quello degli adulti: « Gli adulti hanno schemi che riusciamo a comprendere meglio – commenta il primario – nei bambini ogni anomalia ci mette in ansa. Ecco perchè è fondamentale il rapporto con i genitori o i volontari che vivono momenti diversi dai nostri. Nell’approccio medico ci ritroviamo ad agire in modo “rozzo”, nel senso che dobbiamo procedere secondo le indicazioni della medicina e della scienza, mentre clown e animatori puntano su un coinvolgimento ludico e spensierato che fa leva sulla psiche, spesso determinante nella reazione fisica di questi piccoli pazienti».
Il paziente pediatrico oncologico è delicato: « Io sono cresciuto con la convinzione che solo un neurochirurgo con un’esperienza almeno decennale può permettersi di intervenire sul cervello di un bambino. A questa età., i tumori si presentano soprattutto nel cervelletto o nel tronco cerebrale. Ricordiamoci, poi, che i “bambini” vanno dai neonati, entro il mese di vita, sino ai 18 anni. Chiaramente l’approccio in fase neonatale è diversa da quella pediatrica: a dieci anni, un bambino ha già una struttura adulta».
Il reparto di neurochirurgia varesino ha alle spalle una lunga esperienza in campo oncologico pediatrico, con un’equipe che vede tutte figure, dal chirurgo sino all’anestesista-rianimatore e agli strumentisti, specializzate in ambito pediatrico. È un centro di riferimento che coinvolge, a rete, centri specializzati quali il Besta di Milano.