A te Peter Pan…

Caro Peter Pan,

mancano pochi giorni e tornerò a casa dopo cinque lunghi e intensi mesi vissuti appieno. Sono le ultime notti che trascorro nella stanza “Atollo della polvere di fata” al primo piano . . .

Stasera il cielo è sereno, si vede anche la luna, ed io ho bisogno di scrivere, ho la necessità di mettere su carta la mie emozioni, ho voglia, Peter Pan, di farti conoscere le mie sensazioni di tutto questo periodo qui: quasi come un segno indelebile, un sigillo che rimarrà per sempre.

Vi starete chiedendo il perché. Per due semplici motivi:
Vorrei essere una testimonianza per chi, purtroppo, ci sarà dopo di me, invitarli a non mollare, a non perdere mai la fede e la speranza, e soprattutto desidero, con queste poche righe, ringraziare te, Peter Pan.

Questa è la parte più dura che scrivo . . . la mia mente torna indietro nel tempo a cinque mesi fa, ricordo la diagnosi dei medici, la disperazione di mia moglie, il viso tenero e ingenuo della mia principessa che aveva appena cinque mesi e le chiedevano di combattere una “guerra” che mia moglie ed io per primi avevamo paura anche di cominciare.
Ricordo che il mio cuore era a pezzi, ero spaventato, sentivo il terrore vivere e crescere dentro il mio corpo e quasi riusciva a paralizzarmi, l’angoscia mi devastava per quello che “noi” avremmo dovuto affrontare.
Era qualcosa di troppo grande, un nemico atroce e cattivo che ti lacera dentro e non ti fa vivere. Dopo dieci giorni di ricovero la diagnosi era chiara, a casa non potevamo tornare per il momento, non sapevamo dove andare, non sapevamo come muoverci né a chi chiedere; il pensiero di lasciare Davide, il nostro primogenito, per un po’ di tempo con i familiari ci torturava, ci chiedevamo se Davide avesse capito il nostro allontanamento, il nostro cuore era diviso ma eravamo consapevoli che Denise aveva bisogno di noi.

Tanti interrogativi assalivano la nostra mente, finché la caposala del Bambin Gesù ci annunciò che la nostra destinazione era la “casa di Peter Pan”, e così qui è iniziata la nostra nuova vita dove, fortunatamente, in alcuni periodi Davide è stato con noi.

Quando approdammo a Peter Pan il nostro primo istinto fu quello di scappare, di fuggire; non so da cosa, forse dalla malattia, dal fatto che non volessimo accettare: non eravamo pronti?
Ma quand’è che si è pronti a lottare contro il male? Forse mai.
Nel frattempo passò qualche giorno, iniziammo a fare amicizia e a chiacchierare con i volontari, a conoscere tanti genitori e pian piano iniziammo ad accettare e a reagire, a darci la forza necessaria per sopravvivere perché la nostra bambina aveva bisogno di noi. Bastarono venti giorni affinché io e mia moglie ci rendessimo conto che Peter Pan era il posto adatto.

Qui si è creata un’unica grande famiglia, con la quale abbiamo condiviso momenti di gioia, di dolore, di sconforto, abbiamo sorriso e pianto insieme. Posso urlare a gran voce di aver trascorso delle festività natalizie senza sprechi o lusso, ma fatte solo d’amore, che custodirò per sempre dentro di me.
Tanti sono i genitori che ho conosciuto, innumerevoli i bimbi che ho tenuto tra le braccia, uno in particolare si fa spazio tra i miei ricordi: un “bimbo sfortunato” che con la sua tenera voce prima di andar via chiese dolcemente di dare un bacio a mia figlia ed io, in cuor mio, sapevo che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo avrei visto.
Ogni piccolo mi ha insegnato qualcosa, ognuno di loro mi ha regalato un sorriso.
Credetemi, oggi mia moglie ed io siamo una testimonianza, perché quando si lotta contro un avversario così temibile ti senti impotente, non puoi far nulla se non aspettare gli esiti degli esami, puoi solo pregare.

Ci sono stati giorni di immensa preoccupazione, dove l’attesa era snervante: beh, in quei giorni tu, Peter Pan, ci sei stato accanto: ci hai confortato tramite i tuoi cari volontari, ci hai sostenuto attraverso i tuoi generosi responsabili, ci hai teso la mano grazie ai genitori che erano qui da te.
Ora che una piccola battaglia è stata vinta, ma la guerra è ancora lunga, mia figlia sta meglio, è terminato un capitolo della mia vita che mai avrei pensato di scrivere, io e mia moglie sentiamo il bisogno di ringraziare te, Peter Pan, per l’accoglienza che ci hai regalato.

Desideriamo ringraziare tutti i bimbi e tutti i loro genitori: il mio “patatone fritto” Alessandro, il tenero Robert e la dolce Giulia, Davide, Nicoleta e Dan, Giusy e Carmelo, Giovanna e Agostino, Ciro e Maria e tutti gli altri, perché sono diventati parte di me.
Ringraziamo tutti i volontari per gli abbracci, le carezze e le dolci parole che ci hanno elargito: Giorgio, Vincenzo, Fede, Nicoletta, Daniele, tutte le Wendy le Spugne e Coccodrilli.

Desideriamo ringraziare tutti i responsabili: Sandra, Gerarda, Sonia, Carlo, Orlando, Nadia e il Direttore Gianpaolo Montini.

Un enorme ringraziamento è per coloro che hanno dato vita a questa struttura, è grazie a loro che Peter Pan esiste e vive da quasi vent’anni: grazie Gianna, grazie Marisa.

Desideriamo infine dire grazie a tutti i medici e paramedici dell’Ospedale Bambin Gesù per la loro immensa professionalità, per la dedizione e l’amore dimostratoci.

Ci teniamo particolarmente a ringraziare la Dott.ssa Cocca per il conforto e i sorrisi donatici, ma soprattutto per averci fatto dono della sua amicizia e del suo splendido cuore.

Speriamo di non aver dimenticato nessuno!
Grazie, grazie, grazie a tutti…

Questa esperienza ha mutato la mia vita, il mio modo di agire e di pensare, mi ha permesso di conoscere e di vivere in un mondo diverso dal nostro, senza ricchezze, senza lusso, ma abitato semplicemente dalla SOLIDARIETA’.
Questi cinque mesi qui mi hanno insegnato a vedere le cose con occhi diversi, ad osservare il mondo e la gente da altre prospettive, mi ha insegnato che i ritmi frenetici, le lunghe corse per accumulare ricchezze, le scalate per il potere, non sono nulla: è tutto così futile e insensato.
Grazie a te, Peter Pan, ho conosciuto da vicino il vero valore della vita, quanto può essere indispensabile una semplice carezza, quanto è importante una parola di conforto, il valore smisurato che ha il sorriso di un bambino.
A questo proposito vorrei citare una poesia che io amo molto, parla dell’importanza di un sorriso e qui in questo posto ciò che può sembrare utopico, ciò che può apparire solo un sogno, prende forma e si concretizza.

Valore di un Sorriso
di Padre Faber

Donare un sorriso
rende felice il cuore:
arricchisce chi lo riceve
senza impoverire chi lo dona.
Non dura che un istante,
ma il suo ricordo rimane a lungo.
Nessuno è così ricco
da poterne fare a meno,
né così povero da non poterlo donare.
Il sorriso crea gioia in famiglia
dà sostegno nel lavoro
ed è segno tangibile di amicizia.
Un sorriso dona sollievo a chi è stanco,
rinnova il coraggio nelle prove
e nella tristezza è medicina.
E se incontri chi non te lo offre,
sii generoso e porgigli il tuo :
nessuno ha tanto bisogno di un sorriso
come colui che non sa darlo.

Caro Peter questa non è una lettera di addio: tu vivrai per sempre dentro di noi, nei nostri cuori e nelle nostre testimonianze, continuerò a deliziarvi con le mitiche e saporite sfogliatelle napoletane, ci vedremo sempre perché tutti voi siete la nostra grande famiglia.

Con affetto,

Denise, Davide, Maria e Massimo Di Virgilio

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