ROMA ? ?Vorrei vivere. Geg??. Pennarello nero, cartoncino rosso contornato di polvere porporina brillante, carattere stampatello deciso. Geg? forse ha tra gli otto e i dieci anni e magari ? in cura oncologica. Quel biglietto certifica una netta percezione della malattia. Niente fronzoli n? giri di parole. Solo voglia di vita. Quanta ne ha Dalila, che immaginiamo senza capelli per una chemioterapia non abbastanza violenta da abbattere la sua vanit?: ?Dalila spera che se pure ? pelata trova sempre dei amici?. Ospedale pediatrico Bambino Ges? di Roma, ludoteca centrale diretta dalla dottoressa Carla Carlevaris. Da quasi un anno, tra una lavagna e una casetta di plastica, ?L?albero dei desideri? ? a disposizione di tutti i bambini ricoverati. Chiunque pu? appendere pensieri, speranze, proiezioni verso il futuro. Si pesca in un mare composto da 34 mila ricoveri l?anno e 100 mila accessi al Day hospital assicurati da 2.500 tra medici, ricercatori, infermieri per quaranta diverse specialit? di cura. Un punto di riferimento per i bambini provenienti da tutta Italia, uno dei tre istituti di cura pediatrica nazionali riconosciuti dal ministero della Salute, l?unico nel Centro-sud. Dirlo ? forse una ovvia scorciatoia retorica, ma il dolore qui ? di casa. E i bambini tra i 5 e 12-13 anni aprono e chiudono continui conti col male, la sofferenza. Non raramente la morte consapevole. Altri biglietti, c?? solo l?imbarazzo della scelta. Alcuni, siamo in un ospedale cattolico, hanno come referente Ges? Bambino: ?Dammi una vita migliore. Corrado?. ?Caro Ges?, aiutami a superare la tac-Luana?. Ma la stragrande maggioranza ? capace di sintesi folgoranti, da far invidia a un letterato, a un pubblicitario in cerca di slogan emotivi: ?Vorrei guarire presto ?. ?Spero che si guarisce?. ?Fatemi uscire presto-Daniela?. ?Voglio che guarisco-Antonio?. Altri messaggi vengono da inferni familiari: ? Vorei che mamma e pap? non litigassero più?. ?Vorrei che mamma e pap? non si separassero ? (ma si tratta di adulti, ben più incoscienti e superficiali dei propri figli, e qui le speranze dei bimbi diventano purtroppo sterili). Un fratello indica la malattia con chiarezza: ?Vorrei che Davide non fosse più anemico?.La regola per appendere il proprio messaggio (inconsciamente inviato, con ogni probabilit?, a se stessi) ? che i ?grandi? non intervengano sulla spontaneit? e una volta tanto non controllino i figli. Cosa c?? di più autentico di ?Io sono Michele e voglio guarire?. O ?Ce la devo fare, lo devo a me!?. ?Vorrei che domani esco-Miriana?. Per fortuna si guarda al domani, ai sentimenti più vibranti: ?Mi vorrei fidanzare con Tiziano?. ?Mi voglio fidanzare con Antonio. Lalla?. ?Vorrei fare un viaggio col fidanzato che mi trover?. Very?. Ma i biglietti non sono solo un semplice sfogo. Fanno parte integrante, anzi importante, della terapia ospedaliera. Spiega Gianni Bondi, dal 1980 direttore dell?unit? operativa di Psicologia pediatrica dell?ospedale: ?Il grande problema che abbiamo affrontando un bambino malato, dal punto di vista psicologico e relazionale, ? l?affollamento dei pensieri, non tutti necessariamente legati alla malattia e al suo decorso. Manifestare apertamente un pensiero triste significa per esempio assicurargli una cornice, un contorno ed evitare che vaghi ?invadendo? gli altri pensieri?.Il dottor Bondi assicura (?materia utile per chiunque abbia un bambino in difficolt??) che i nostri figli ?hanno una capacit? percettiva ben superiore a quella di noi adulti, man mano che crescono si affianca poi la capacit? cognitiva, per questo i bambini non bluffano in queste loro espressioni?. Un contesto ben diverso ?dalla rappresentazione idealistica che ciascuno di noi conserva della propria infanzia?. Ovvero: una malattia ? una malattia, per guarire bisogna curarsi, spesso soffrire. Sullo sfondo si materializza l?eventualit? della morte: ?Uno dei lavori che purtroppo ci toccano ? accompagnare alcuni bambini fino a quel momento. Ricordo un caso di un paziente appena adolescente che mi affid? un testamento. Lascio il maglione a quell?amico, i libri a quell?altro…?. Altro consiglio utile di Bondi ai genitori: ?Saper stare vicini ai figli nel silenzio. I piccoli malati sono troppo spesso circondati, quasi assediati dal rumore e dall?eccesso di parole, di stimoli, di allegria artificiosa. Un piccolo in difficolt? pu? avere bisogno di un silenzio attento, partecipe, affettuoso per riordinare le emozioni e trasformarli in pensieri?. Forse da un lungo silenzio ? nata la riga scritta da Geg?: ?Voglio vivere?. Bravo Geg?. Noi speriamo che ce la fai. Paolo Conti
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