MILANO – Dieci anni, più o meno 3.650 lunghissimi giorni. Tanto ha impiegato Clara a scoprire esattamente di cosa soffriva e a raggiungere il centro italiano specializzato nella cura della sua rara malattia, una MEN (neoplasia endocrina multipla) di tipo 1. Nel frattempo si è sottoposta a un’infinità di esami diagnostici, ha subito diverse operazioni e girato un discreto numero di ospedali, mentre i medici scambiavano questa particolare forma di cancro per altri disturbi più o meno seri, dalla depressione post partum alle coliche renali. «Eppure la strada da percorrere era breve – racconta Clara -, dalla provincia di Torino dove abito al centro di riferimento sui tumori endocrini ereditari dell’ospedale Careggi di Firenze, quello maggiormente qualificato nella diagnostica genetica e clinica delle sindromi MEN in Italia. Invece io e la mia famiglia abbiamo vissuto dieci anni in costante angoscia, perché non riuscivamo a capire quale fosse il problema. E di profonda solitudine, perché nessuno sembrava capire né avere mai visto un quadro clinico come il mio». STORIA DI CLARA – Clara riesce persino a sorridere raccontando le sventure che l’hanno costretta all’asportazione dell’ipofisi per un adenoma nel 1993 e delle paratiroidi nel 2001, alla chemioterapia nel 1995 e a ben due interventi di oltre sette ore in sala operatoria: durante il primo, nel 1994, le hanno tolto pancreas, milza, parte dello stomaco e dell’intestino; nel 2003, poi, ha dovuto essere operata per eliminare alcuni adenomi duodenali e un surrene. Deve prendere a vita una terapia sostitutiva del calcio (prodotto dalle paratiroidi che lei non ha più) ed è diabetica (a causa della rimozione totale del pancreas), ma va giustamente fiera della sua tenacia: «Se non fosse stato per la mia insistenza, a Firenze non ci sarei mai arrivata – dice -. In ogni ospedale, ad ogni medico chiedevo: «Possibile che io sia l’unica con questa malattia?». Finché sette anni fa, finalmente, ottenni la risposta che cercavo. Non ero sola e c’era qualcuno che aveva esperienza in casi simili al mio». Peccato che nel frattempo fossero trascorsi più o meno dieci anni, durante i quali Clara è passata dall’ospedale dietro casa (quello della piemontese Val di Susa) al San Luigi di Orbassano, dal Mauriziano alle Molinette di Torino, fino all’Auxologico di Milano, dov’è approdata nel 2002 per un’indagine genetica che confermasse definitivamente la diagnosi che le era stata fatta: neoplasie endocrine multiple di tipo 1. «In pratica – spiega Clara – tumori benigni che colpiscono le ghiandole endocrine (paratiroidi, ipofisi, pancreas) e creano un’infinita serie di disturbi, facili da confondere con altre malattie. È a Milano che la mia storia ha una svolta decisiva: qui un medico mi ha parlato di Aimen, l’Associazione Italiana Neoplasie Endocrine Multiple di tipo 1 e 2, nata per opera di giovani volontari a Collegno, in provincia di Torino, proprio dietro casa mia, pensi un po’… Quando ho trovato loro tutto è stato più semplice». Grazie ad Aimen, infatti, Clara scopre nel 2003 il polo fiorentino che ha una grande esperienza in questa patologia, dove è seguita tutt’oggi. «Non riesco neppure a spiegare quanto la mia vita sia migliore da allora: non mi sento più così terribilmente sola e ansiosa. Ora devo solo fare una visita una volta l’anno per controllare la situazione. E, soprattutto, ora so che mia figlia minore – che purtroppo ha ereditato la mia stessa mutazione genetica che la espone al rischio di ammalarsi di MEN – è in ottime mani e può giocare d’anticipo contro la malattia, con prevenzione e diagnosi precoce». ERRATA DIAGNOSI PER QUASI LA METÀ DEI MALATI – I dati presentati al Congresso internazionale sulle MEN, in corso in questi giorni a Gubbio, parlano chiaro: nel 42 per cento dei casi i malati passano da diagnosi diverse prima di arrivare a quella corretta e il percorso che porta al riconoscimento della malattia costa, nella metà dei casi, oltre mille euro. Per gli impegni clinici legati alla patologia, poi, molti pazienti hanno dovuto affrontare lunghi ricoveri ospedalieri (nel 61 per cento dei casi compreso tra uno e dodici mesi) e quasi tutti sono stati sottoposti a interventi chirurgici, spesso ripetuti. Come per molte patologie, anche per le neoplasie endocrine multiple di tipo 1 e 2 una diagnosi tardiva comporta gravi rischi per la salute dei pazienti e ricoveri ospedalieri di alto impatto economico sul sistema sanitario. «Oggi, rispetto al passato, la situazione che riguarda le MEN è migliorata – afferma Maria Luisa Brandi, responsabile del Centro sui tumori endocrini ereditari al Careggi di Firenze -: test genetici mirati permettono di individuare le ghiandole interessate dalle neoplasie e le terapie mediche e chirurgiche garantiscono ai pazienti una maggiore sopravvivenza. Molto si sta facendo anche nella prevenzione e per miglioramento della qualità di vita dei malati. Un aspetto sul quale invece c’è ancora tanto da fare è il riconoscimento precoce delle sindromi MEN». Questo è il vero problema da risolvere per affrontare queste patologie al loro esordio, limitandone la gravità. Ed evitando a malati e familiari perdite di tempo prezioso, costosi pellegrinaggi medici e anni d’angosce come nel caso di Clara. In sostanza, concordano esperti e pazienti, serve maggiore informazione, perché medici di base endocrinologi, medici nucleari, gastroenterologi e chirurghi sappiano riconoscere le MEN e indirizzare subito chi ne soffre ai centri qualificati (una manciata, sul territorio nazionale oltre a Firenze). L’ASSOCIAZIONE DI PAZIENTI – In quest’ottica assume ancora maggior valore il lavoro di sensibilizzazione che viene svolto dall’Aimen. «Il nostro lavoro quotidiano sul territorio è orientato al raggiungimento di alcuni obiettivi ben precisi – racconta Lara Gattico, presidente dell’associazione di volontari e pazienti -. Come prima cosa vorremmo che le MEN venissero riconosciute istituzionalmente attraverso il loro inserimento nel Registro Nazionale delle Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità. Questo comporterebbe, in primo luogo, l’identificazione di un proprio codice di esenzione, sia per i farmaci che per gli esami, ma anche la possibilità di essere indirizzati direttamente ai centri specializzati di competenza, senza ritardare la diagnosi, con il rischio di imbattersi in strutture ospedaliere e cliniche non adeguatamente preparate al trattamento e alle cure per queste patologie. Un altro ambizioso progetto che ci siamo posti è quello di informare da un lato i medici di base, gli specialisti del settore e il personale infermieristico, dall’altro l’opinione pubblica sull’esistenza di queste sindromi, anche per il loro elevato tasso di trasmissibilità alla prole». ECCO COSA SONO LE SINDROMI MEN – Con il termine «rari» si indicano i tumori con incidenza relativamente bassa, nell’ordine di 5 o meno casi all’anno ogni 100mila abitanti. Considerati nel loro insieme, però, circa il 15 per cento di tutti i tumori è di fatto costituito da neoplasie rare solide dell’adulto. A queste cifre, poi, vanno aggiunte molte neoplasie del sangue e tutte quelle pediatriche, di fatto catalogate fra quelle rare. «In particolare – spiega Brandi – le MEN1 sono patologie, solitamente a trasmissione ereditaria, causate da un gene mutato e che interessano alcune ghiandole endocrine, quali le paratiroidi, la ghiandola ipofisaria e il pancreas endocrino (addette alla produzione di ormoni), facendole diventare iperattive». Le conseguenze, purtroppo, si possono spesso confondere con i sintomi di altre malattie. E’ quanto avviene anche con le MEN2, disordini ereditari che inducono in alcune ghiandole endocrine la formazione di neoplasie: carcinoma midollare della tiroide (CMT), feocromocitomi (FEO) della ghiandola surrenale e adenomi delle paratiroidi. Vera Martinella
(Fondazione Veronesi)
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